05. Liscio/ruvido

Liscio e ruvido sono la prima coppia di sensazioni, quella che assieme a caldo e freddo, rappresentato gran parte del sentire quotidiano.
Non è dunque un caso che già nell'architettura neoclassica sia compresa in una idea di riforma generale legata anche ai sensi e al tatto: l'archetipo di una porta sulla natura non è, in questa tavola di Lequeu, solo vista attraverso un materiale naturale: il legno, ma è soprattutto rappresentata attraverso la scabrosità della corteccia del tronco. A quest'ultima è rimandato il compito di trasmettere il senso profondo del legame con il quadro naturale.




Solo anni più tardi, con le correnti Liberty e Art nouveau, ma soprattutto grazie al ruolo di importanti architetti come Gaudì, l'idea della scabrosità della superficie diviene motivo compositivo centrale, come in questa terrazza del parco Guell a Barcellona. Anche in questo caso si tratta dell'espicita volontà di dialogo con gli elementi primi della natura, non più una competizione come per tutta la parabola del classacismo accademico.




Tuttavia nel percorso storico dell'architettura non si possono tralasciare singoli episodi. Le molte facciate delle cattedrali lasciate incompiute, come in questa di San Lorenzo a Firenze,




le decorazioni dell'architettura romanica pugliese, come nel caso del portale di San Leonardo a Siponto, nella loro minuzia rimandano al desiderio di toccare, prima ancora che a sensazioni visive.




Inoltre occorre considerare anche realizzazioni particolari, anonime nella loro definizione, ma suggestive per il contesto che definiscono. In questa strada coperta scavata nella roccia, la preoccupazione della finitura della superficie è risultata fuori luogo in quanto il materiale stesso, presentato ancora una volta nella sua naturalità, comunica sensazioni ancestrali. Qui percorrere il luogo e toccare le pareti immerge in un mondo senza tempo, comunica un senso di stabilità e riparo.




Questo senso trova la sua massima esaltazione in un ambiente del tutto particolare, come le saline di Wieliczka. La vista e il tatto (probabilmente anche a sensazioni legate alla temperatura) si esaltano a vicenda.




Nella vita quotidina abbiamo a che fare con sensazioni tattili ogni volta che ci troviamo di fronte a elementi di degrado delle superfici architettoniche che rimandano al passare del tempo. Inizia in questi casi a farsi avanti l'dea che al liscio sia demandato il compito di illustrare il nuovo, il moderno, allo scabro e ruvido, non più il legame con la natura in termini generali, ma il senso naturale del trascorrere del tempo, della vita e della morte (anche delle cose).




Nell'architettura propriamente moderna, tale senso del trascorrere del tempo viene esaltato ancora (come nel Neoclassicismo) atraverso un legame intenso con la natura. E' il caso della casa di Adalberto Libera per lo scrittore Curzio Malaparte.




Gli epigoni di questo aspetto dell'architettura moderna si trovano in molte realizzazioni in cui il legame liscio-ruvido viene banalizzato, ridotto a espediente decorativo senza rigore logico. E' il caso di questi stabilimenti balneari.



Ancora di più, l'esaltazione della superficie liscia, unita all'utilizzo del vetro, risulta asettica e fredda, non solo al tatto, ma anche alla vista. Inoltre comunica un senso di monotonia ben lontano dalla sospresa legata alla superfici ruvide già viste qui.





Se alla superficie liscia e fredda si aggiunge l'aspetto riflettente, che nulla dovrebbe comunicare al tatto, si giunge al paradosso di negare (o esaltare la negazine) della presenza dell'architettura. E' come se il carattere liscio, uniforme, rimandasse all'assenza di elementi di vita e la riflessione volesse lasciare spazi ad altro rispetto allo spazio occupato dalla struttura architettonica.




Nel Bean Millenium Park di Chicago, non è la superficie curva del grande chicco di metallo a essere protagonista, ma una visine fredda, indifferente, deformata dei grattaceli intorno e dei passanti.




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